Perché visitare Auschwitz
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Perhé visitare Auschwitz

Sento ancora il freddo pungente penetrare tra i mille strati di vestiti e abbigliamento termico che indossavo in quel rigido mese di gennaio in Polonia, non capivo come si potesse resistere a quel gelo con un paio di zoccoli o scarpe di fortuna malandate e abiti che di abiti ormai avevano ben poco.

Mi chiedevo cosa dovessero provare anche le persone dalla parte opposta, quelle guardie cresciute con il mito nazista, cresciute sentendosi dire che la loro razza era superiore, cresciute però senza chiedersi quanto si può essere superiori se si cerca di annientare altri esseri umani, e per annientare non s’intende ucciderli, ma una cosa ben peggiore, annientarli come uomini e come donne, convincerli di essere inferiori alle bestie, di non essere degni di esistere.

Questo è quello che si deve pensare quando si arriva ad Auschwitz, ed è lecito domandarsi il perché, e meditare. È importante capire, ma soprattutto non dimenticare, questa è la Shoah: una “tempesta devastante”, uno sterminio che non si può cancellare, ma è dovere di tutti ricordare. Ecco perché la giornata della memoria, ecco perché visitare Auschwitz, perché cancellare la storia sarebbe un errore gigantesco, un errore da non fare.


Perché visitare Auschwitz? Per conoscere davvero e ricordare

Auschwitz I

Ho avuto la possibilità, e forse l’ho cercata, di vedere Auschwitz in estate e in pieno inverno, per capire come poteva essere la vita nel campo, ci sono arrivato dopo un’infinità di libri letti sull’argomento, ma nulla può prepararvi ne farvi capire Auschwitz quanto visitarlo.

Del viaggio in estate ricordo il mio arrivo ad Auschwitz I, c’era molto caldo, la lunga fila all’ingresso della biglietteria, un vociferare continuo delle persone in attesa di entrare, ma varcati i tornelli che portano di fronte alla scritta “Arbeich macht frei“… tutto cambia.

Perché visitare Auschwitz
Davanti alla scritta “Arbeich match frei”

Un silenzio carico di rispetto percorre le vie di sampietrini che portano alle varie strutture di gestione del campo, di tanto in tanto si sentono sovrapporsi lingue diverse, sono le voci delle guide che accompagnano i turisti nella visita.

Non si entra in tutti gli stabili ma si visitano uno dopo l’altro i più importanti, camminando in quelle stradine ed entrando in alcuni caseggiati, fra documenti, ritrovamenti e spiegazioni si inizia a capire cosa era Auschwitz: montagne di pettini, di valigie, scodelle.

In una piccola vetrata un cumulo di scatole di latta di Zyclon B (il veleno usato nelle camere a gas) vuote mi bloccano, la mente automaticamente pensa “quante persone avranno portato via queste scatole di morte?”.

Si passa a cumuli di stampelle, protesi, piccoli busti di bambini, ma il dramma lo si rivive in maniera ancora più profonda nella stanza dei capelli, una lunga vetrata che ospita, adagiati come fossero paglia, una montagna di capelli. A quante persone può appartenere un quantitativo tale di capelli? Tonnellate su tonnellate, e sono solo quelli di una settimana.

Birkenau

Auschwitz era un insieme di campi e, oltre ad Auschwitz I, il più conosciuto e visitabile è Birkenau.

Se Auschwitz I era il centro di gestione del campo, Birkenau era il campo dove avveniva la vita di tutti i giorni, lasciato solo per spostarsi nei centri di lavoro.

I miei ricordi qua sono d’inverno, scendo dal bus che porta da un campo all’altro, tutto è bianco, una spessa coltre di neve avvolge l‘ambiente circostante, dei binari percorrono il campo di sterminio e mi sembra quasi di vedere all’orizzonte il fumo bianco di una locomotiva a vapore unirsi con la candida neve.

visitare Auschwitz
Biari di Birkenau

Mi sembra di vedere i vagoni color mattone, solitamente usati per animali o merce, avvicinarsi e passare sotto la torre di guardia principale, vagoni carichi di persone.

L’essere ignari del proprio destino, il freddo e qualche persona morta non sopravvissuta al viaggio creano un silenzio assordante, si sentono rumori di cani, cani che abbaiano aggressivamente come lo si fa con una preda, e poi pochi ordini urlati in tedesco.

I vagoni-gabbia si aprono, dopo giorni al buio la luce acceca tutti, il caos prende piede, altri ordini in tedesco vengo urlati uno dopo l’altro, manganellate, le famiglie vengono separate, una prima selezione separa uomini e donne, un istante dopo si ritrovano in coda, un ufficiale sceglie chi vive e chi muore.

Perché visitare Auschwitz
Birkenau

Pochi vivranno e tanti moriranno, ma ancora non si sa bene cosa accadrà, una fila enorme già selezionata si sposta: anziani, bambini, uomini ormai scheletrici vanno verso una costruzione in mattoni, non vedranno più la loro famiglia, non vedranno più la luce del sole.

Oggi di quelle costruzioni dove il viaggio dei detenuti di Birkenau terminava sono rimaste giusto le macerie, l’ultimo atto vigliacco del regime nazista fu di abbattere le prove dell’Olocausto, ma il ricordo sopravvive comunque e resta nelle persone che visitano Auschwitz-Birkenau, si accende in noi visitatori una consapevolezza profonda di ciò che è avvenuto.


Perché visitare un campo di concentramento? Perché visitare Auschwitz?

“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”

(Primo Levi)

La visita ad un campo di concentramento, o per meglio dire di sterminio, è un atto dovuto che ogni persona dovrebbe compiere nella vita, perché anche se non si può comprendere davvero fino in fondo cosa è stato l’Olocausto, lo si può conoscere.

Le mie due visite ad Auschwitz mi hanno lasciato un ricordo carico di malinconia, ma hanno arricchito la mia memoria e conoscenza di quanto è successo.

Scopri anche: Visita ad Auschwitz – Informazioni pratiche

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